Sta facendo il giro del web la notizia (verificata) secondo cui un bambino di soli 8 anni si sarebbe visto recapitare a domicilio una cartella per il pagamento della Tari, la tassa sui rifiuti, di 338 euro. Il Comune di Città della Pieve, dove è avvenuto il fatto, ha prontamente commentato che si è trattato di un errore: una pura e semplice omonimia, che ha generato confusione nel sistema. Quanto basta, comunque, per generare la prevedibile ondata di critiche nei confronti di un sistema fiscale abbastanza severo con i contribuenti italiani, visto e considerato che il nostro Paese si conferma, anno dopo anno, come una delle aree del vecchio Continente dove si pagano più tasse, e dove il peso fiscale assorbe le maggiori energie anche sul fronte documentale (ovvero, il tempo necessario per poter predisporre i documenti utili per il pagamento).
Ad ogni modo, tornando al fattaccio accaduto, dalle parti del Comune hanno giustificato la vicenda sostenendo che si tratta di un probabile caso di omonimia, e che non si è mai verificato in precedenza. Alla prima segnalazione, afferma la municipalità, è stato immediatamente risposto che non si sarebbe dovuto tenere conto della cartella, e che gli uffici avrebbero immediatamente provveduto alla verifica con il gestore del programma informatico dell’anomali che ha prodotto l’emissione della cartella errata. Ulteriormente, dal Comune fanno anche sapere di essersi prontamente scusati con la famiglia, e che la cartella è già stata annullata contestualmente alla segnalazione. Insomma, un episodio a lieto fine. Ma a parlar di tasse, a finire in polemica si fa presto, no?