La massa monetaria è un indicatore chiave da guardare e da monitorare, perché la crescita dell’offerta monetaria può essere un elemento chiave per l’inflazione in situazioni in cui l’offerta di moneta è maggiore della fornitura di beni e di servizi. Insomma, quando più soldi che merci sono disponibili sul mercato, è probabile che i prezzi aumentino. Ed ecco perché i trader, e in particolare quelli sulle materie prime, tengono sotto stretta sorveglianza questi tre aggregati: offerta di moneta, inflazione, e presenza di beni e servizi.
La Fed tiene in particolar modo traccia di due aggregati monetari: M1 e M2.
L’indicatore M1 include il denaro utilizzato per i pagamenti, come la moneta in circolazione e i conti correnti bancari nelle banche, o altre forme di risparmio. L’indicatore M2 include invece M1 oltre ai depositi non operativi al dettaglio, ovvero il denaro nei conti di risparmio al dettaglio e nei conti del mercato monetario. Tenendo traccia dell’evoluzione della “base di liquidità”, M1 e M2, è possibile monitorare la quantità totale di denaro presente nell’economia.
Per buona parte delle banche centrali, però, è la gestione dei tassi d’interesse ad esser diventata una priorità assoluta, piuttosto che il tentativo di gestire gli aggregati monetari. Per esempio, la Fed non ha più dei target precisi per la massa monetaria, ma ha ben chiaro che la sola gestione dei tassi d’interesse è spesso in grado a contenere l’inflazione.