Come noto, le candele emettono luce facendo calore, divenendo esempi rudimentali di quelle che possiamo chiamare lampade a incandescenza. È ben noto che tutta la luce prodotta da una candela proviene da una reazione chimica nota come combustione, in cui la cera reagisce con l’ossigeno presente nell’aria per formare un gas incolore chiamato biossido di carbonio.
Dal momento che la cera non brucia mai perfettamente, viene altresì prodotto un po’ fumo, rappresentato da minuscole particelle di carbonio solido e incombusto, mescolato al vapore, di colore tendenzialmente grigio. Proprio per questo spesso le candele lasciano un nero, un deposito di carbonio sulle pareti vicine o sul soffitto sopra la loro bruciatura.
Ad ogni modo, le candele non bruciano, ovviamente, da sole. Ci vuole energia per dare il via alla reazione chimica di combustione che fa bruciare la cera e, di norma, l’energia iniziale di cui hanno bisogno per iniziare una reazione chimica è chiamata energia di attivazione e viene fornita da un accendino o da un fiammifero.
Ora, che cosa è la cera? La parola “cera” è un po’… come la parola “plastica”: si riferisce a un insieme di sostanze diverse con proprietà simili. Proprio come dovremmo parlare di “plastiche”, quindi, dovremmo parlare di cere. Ad ogni modo, tra i tipi più comuni di cera possiamo annoverare la candela di cera d’api, la cera carnauba la paraffina.
Per quanto concerne le loro proprietà comuni, la cera ha un punto di fusione relativamente basso al di sopra della temperatura ambiente (50 ° -90 ° C) e si scioglie senza decomposizione oltre i 40 ° C., ha una viscosità relativamente bassa appena sopra il punto di fusione, non ha viscoelasticità (si deforma e ritorna gradualmente in forma dopo l’applicazione di una forza) e brucia con una fiamma fuligginosa (la caratteristica di una candela, come abbiamo visto).