Nonostante i graffiti siano diventati una sorta di arte urbana, riferendoci principalmente ad artisti contemporanei come Banksy, essi fanno parte di quel fenomeno di deterioramento che va sotto il nome di degrado urbano. In tutte le principali città italiane, assistiamo a un fenomeno di danneggiamento degli edifici e delle aree pubbliche che ha spesso richiamato l’attenzione della società civile, soprattutto quando i writers intervengono su palazzi antichi, opere d’arte, pubbliche piazze o stazioni della metropolitana.
Spesso le amministrazioni intervengono con dei piani di pulizia rivolgendosi a ditte private esperte nelle pulizie di fine cantiere o pulizie industriali, allo scopo di salvaguardare il bene pubblico e ridare decoro alle città. Il problema in Italia è principalmente di tipo educativo e civico. La consistenza del bene comune non viene mai saggiata, nemmeno quando c’è un effettivo godimento dalla condivisione di uno spazio o di un ambiente pubblico. In definitiva in Italia vale la regola che anziché lo spazio essere di tutti, per esempio le facciate su una strada importante, che potrebbe rappresentare un’attrattiva turistica e commerciale, esso è lo spazio di nessuno. Per questo motivo l’incuria è veramente il minimo dei problemi, quando il degrado porta al dissesto. Insomma, in Italia, affinché ci si dedichi a qualcosa di comune, di universale, di tutti è necessario che vi sia un’utilità privata moltiplicata per tanti. Utilità economica e non di mera condivisione.
Non sorprende pertanto che gli italiani quasi sempre creino imprese su basi familiari, fidandosi poco o niente di soci esterni. Il tema del bene pubblico torna poi di moda, purtroppo, quando si parla di dissesto idrogeologico, ovverossia della mancanza di opere di manutenzione e controllo in aree geologicamente sensibili, che non dovrebbero meravigliare vista la complicata orografia del nostro paese. Questa orografia ha d’altronde condizionato anche l’organizzazione urbanistica dei centri urbani, non decentrata, ma ammassata intorno a chiese e piazze, accampamenti militari e castelli, spesso costruiti in zone di controllo impervie per natura o esposte comunque a frane, dissesti, a fianco a corso di fiumi mal gestiti. Nei centri urbani gli edifici sono costruiti su vie strette, su più piani, conservando un impianto di tipo antico, che sicuramente ha un fascino, ma che rende complicati restauro e manutenzione. Se a questa ordinaria mancanza di gestione, aggiungiamo anche la cronica incapacità di votarsi al bene pubblico, si capisce che ogni opera di restauro straordinario viene salutata con favore, quando dovrebbe essere la normalità, per un paese che potrebbe vivere anche di arte. I nostri centri antichi appaiono privi di quella naturale propensione alla conservazione del bello, che si è avuta per esempio in occorrenza del Giubileo di Roma quando il comune diede luogo alla più grande opera di pulizia e restauro di palazzi e vie. Nella pulizia ordinaria rientra anche quella dei palazzi moderni, che rappresentano anch’essi parte dell’urbanistica e che spesso non vengono adeguatamente puliti per evitare un sovraccarico di spese.